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08 agosto 2002
 
Imprinting

"Ehi!... ma io credevo che tu avessi sessant'anni almeno!", mi dice al telefono una tipa che finora mi ha conosciuto solo attraverso la Rete.
Rapido scandisk interiore, riavvolgimento veloce del blog.
Devo ammettere che la tipa non ha tutti i torti.
Cioè... effettivamente io non sono di primo pelo (strabuzzai gli occhi scocciatissimo per la prima volta nel '59), però porto tracce indelebili di un mondo sensibilmente retrodatato.

Sono nato e cresciuto in un minuscolo borgo agricolo dei Monti Pisani, una specie di riserva indiana dove le robe moderne hanno tardato parecchio ad arrivare.
Lì non c'era telefono né acqua corrente: l'acqua si tirava su dal pozzo a forza di braccia.
La strada era sterrata, non avevamo l'automobile.
Il camino era l'unico impianto di riscaldamento a disposizione.
La porta di casa si chiudeva solo per sbarrare l'ingresso ai polli.
Ho giocato lunghe estati nel bosco, guidato l'asino che trascinava l'aratro, starnutito nel polverone che facevano le trebbiatrici di legno sull'aia.
Ho visto la gente stare insieme.
Di sera le famiglie si riunivano a veglia.
Le lunghe tavolate per la vendemmia.
Il chiacchericcio negli uliveti.
Le sbornie colossali dei pastori dopo la tosatura delle pecore (al mattino ce n'era sempre qualcuno che russava beato in un fosso).
La festa sanguinosa del maiale.
Il maniscalco che piantava quei lunghi chiodi negli zoccoli dei muli e mi prometteva ogni volta un'armatura da guerriero.
Le notti in frantoio.
L'arrotino, il sensale.

Erano uomini lenti e operosi che non conoscevano la separazione tra la vita e il lavoro. Ignoranti e saggi, sgradevoli e cortesi allo stesso tempo. Arcaicamente feroci, certe volte.
Il tempo e la televisione hanno spazzato via tutto: adesso quel mondo (r)esiste solo dentro di me.

La cosa brutta è che non mi adatterò mai al modo di vivere cretino di oggi.
La cosa bella è che non mi adatterò mai al modo di vivere cretino di oggi, con le dovute eccezioni. Questa, per esempio.




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